NUOVO MILLENNIO  

L'eco-economia

L'eco-economia dilaga

La crisi ha remato contro.
Gli investimenti ecologici si sono ridotti in tutte le grandi imprese. Secondo una stima, le spese in energia pulita sono scese da 150 a 100 miliardi di dollari, ma per limitare l’aumento della temperatura a due gradi alla fine del decennio prossimo ce ne vogliono cinque volte tanto.

Soprattutto, al fermento ben visibile dal lato dell’offerta, non sembra corrispondere davvero una domanda. I prodotti verdi finora hanno trovato una scarso accoglimento tra i consumatori, anche perché costano molto e in momenti di magra si guarda soprattutto al prezzo. Fa eccezione il cibo biologico, in espansione ovunque. Ma, ammesso che sia energy saving, la richiesta della gente risponde più all’esigenza di tutelare la propria salute che a salvare la terra dal riscaldamento globale.

Sul nostro futuro scrivono novellieri celebrati come Ian McEwan, girano film miliardari gli squali di Hollywood, si fanno pagare profumatissime parcelle guru multitematici, pubblicano valanghe di articoli editori non del tutto indipendenti perché hanno affari nell’energia, nella finanza, nell’automobile, nel green biz in generale.

Non sappiamo se la terra si riscalderà di un grado (e quindi potremo affrontarne le conseguenze senza catastrofi) oppure se arriverà a cinque-sei gradi in più e la natura matrigna prenderà il sopravvento.

Siamo in piena rivoluzione e guai a chi osa fermare la marcia del nuovo progressismo. Ma anche la grande industria si fa green, non solo i progressisti.

Lo sciocchezzaio imperversa e l’unica cosa certa è che i crociati del nuovo senso comune si muovono frenetici per non perdere il posto in prima fila nel teatro degli interessi e della politica.
Un paradigma verde non esiste; non ancora.
Un portafoglio sì, e si riempie ad ogni nostro respiro nell’atmosfera.