NUOVO MILLENNIO  

Perchè il PdR

Sono molte le ragioni che suggeriscono di preparsi ad una assunzione diretta di responsabilità.
La volatilità che investe gli schieramenti politici attuali è sotto gli occhi di tutti e si dispiegherà con maggiore evidenza dopo le elezioni regionali, quando sarà più chiara la cristallizzazione degli schieramenti, con la conseguente scia di delusioni.
Gli attuali schieramenti risultano bloccati in un bipolarismo virtuale che sembra impermeabile ai cambiamenti, al di là della volontà e della capacità dei singoli e pure in presenza delle evidenti crepe potenzialmente sgretolatrici. Tutto ciò perchè la contrapposizione è stata semplificata in un pro o contro Berlusconi, un elemento che di propriamednte politico ha ben poco.
Aumenterà allora in molti la consapevolezza che qualcosa bisogna pur fare per dare un contributo positivo e il più possibile disinteressato a questo nostro Paese.
La domanda delle domande (un altro partito ancora?) ce la siamo posta anche noi.
Ma di fronte alle anomalie della politica italiana e al dilagare di un pragmatismo straccione, abbiamo valutato che non ci sono altre strade percorribili, se ci è impedito di fatto di partecipare alla vita democratica dei partiti attualmente al potere, che sono letteralmente blindati.
Non dimentichiamo, inoltre, che c’è un universo a cui è stata tolta la parola con la violenza giudiziaria prima e con l’emarginazione radicale poi. Sono i già socialisti, liberali, repubblicani, quelli della prima repubblica per intenderci, che avevano portato l’Italia a livelli di sviluppo mai raggiunti prima.
Ecco perché abbiamo pensato ad una nuova alleanza tra generazioni.

MA IL NOME SCELTO GUARDA ANCHE MOLTO LONTANO: ALL'EUROPA DELLE REGIONI.
NON CI SARÀ UNIONE POLITICA IN EUROPA FINCHÈ NON SARÀ SUPERATA L'ATTUALE ORGANIZZAZIONE NAZIONALE.

E QUANDO QUESTO AVVERRÀ SOSTITUIREMO ALLO STIVALE DEL SIMBOLO L'EUROPA UNITA.

L'anomalia della politica italiana. La situazione politica si avvia verso un avvitamento senza uscita. Gli attuali schieramenti risultano cristallizzati in un bipolarismo che sembra impermeabile ai cambiamenti, al di là della volontà e della capacità dei singoli. I guastatori di una certa sinistra radical chic, favoriti dai “complessi” storici degli ex comunisti, sono riusciti di nuovo a paralizzare il confronto democratico cercando rivincite al di fuori del classico schema democratico: le elezioni. Tutto ruota perciò su un dopo-Berlusconi che determinerà una scomposizione dei due schieramenti.
Sembrerebbe a prima vista che questo possa risolvere il problema, e che un dopo-Berlusconi possa dare luogo ad un confronto politico più civile, cioè meno conflittuale.
Purtroppo l’anomalia del sistema politico italiano non è Berlusconi, ma un ultimo (speriamo) colpo di coda di una vicenda storica tutta nostra e cioè di una forza politica consistente, il PCI, che poteva essere alternativa alla Democrazia Cristiana, ma che per motivi diversi (anche internazionali) non è mai stato legittimato a governare.
È quello che venne a suo tempo definito il Fattore K.
La classe dirigente di questo partito ha promesso la rivoluzione al suo popolo e ad uno stuolo di intellettuali creduloni, e, ben sapendo che questo non sarebbe stato possibile, ha alimentato uno status tutto particolare nei suoi militanti: quello di italiani che si sentivano cittadini di uno stato straniero (l’URSS) e che perciò odiavano gli altri italiani, quelli non comunisti.
Il risultato è stato che l’avversario politico è stato identificato dai comunisti come un nemico da distruggere in ogni modo, salvando appunto la speranza della rivoluzione, perché non era consentita altra via di giungere al potere.
Da qui il decadimento del confronto politico basato sulla criminalizzazione dell’avversario da parte del PCI.
Non mancano gli esempi clamorosi di questa guerriglia politica antidemocratica, ormai a tutti noti, da De Gasperi a Scelba, Bisaglia, Andreotti, Leone, Cossiga, ma anche Pieraccini, Mancini. Con De Martino santificato perché voleva sciogliere il Psi nel Pci, cosa che sarebbe avvenuta senza l'avvento di Craxi nel 1976.
Naturalmente il caso più eclatante è stato Bettino Craxi, tanto più colpevole in quanto vero socialista riformista. Non a caso ancora oggi i riformisti sono oggetto degli attacchi più volgari da parte di certa sinistra e, guarda un po’, anche dai brigatisti che, spicciativamente, hanno assassinato Massimo D’Antona, Marco Biagi, e minacciato di farlo con Maurizio Sacconi e Pietro Ichino, negli ultimi casi dopo gli strali lanciati dal mondo della CGIL.
Il fenomeno Berlusconi è una conseguenza dell’anomalia italiana.
MA COME C'ENTRA UN IMPRENDITORE IN TUTTO QUESTO?
C'ENTRA MOLTISSIMO PERCHÈ BERLUSCONI HA ROTTO IL GRANDE SOGNO COMUNISTA NEL 1994.
E QUINDI: DELENDA BERLUSCONI
MA, SECONDO LOGICA, NON CI SARÀ TREGUA PER NESSUN ALTRO CHE VERRÀ DOPO (se non appartiene ai soliti gruppi) , PERCHÈ LA PAROLA D'ORDINE RIMARRÀ LA MEDESIMA: DELENDA PER VIA BREVE TUTTI COLORO CHE NON CI CONSENTONO DI PREVALERE PER VIA DEMOCRATICA.
Se non ci fosse stato l’organizzatissimo Berlusconi, avremmo avuto in tutta Italia un regime capace di occupare ogni angolo di società, “sistemando” un esercito di parenti, amici, conoscenti propri, oltre ai propri funzionari di partito senza arte né parte, e riservando una porzione minima di potere agli imprudenti aggregati di turno, in particolare ai già democristiani di sinistra, e poi socialisti, repubblicani e perfino liberali, che hanno aderito al Pd e stanno per essere messi all’angolo o che ci sono già.
Perciò contro Berlusconi si è scatenato di tutto, al di fuori del confronto politico, fino al punto di paralizzarne l’attività
.

 

I passatisti
In Italia gli epigoni dei regimi del secolo scorso, fascismo e comunismo, hanno conquistato le più importanti cariche dello Stato.
Perché?
Perché gli esiti perversi di tangentopoli hanno salvato il
Comunismo italiano, e insieme a questo un Movimento Sociale Italiano, che si richiamava all’esperienza della Repubblica sociale, sui cui miti ha basato fino a qualche anno fa la propria azione politica nell'Italia democratica del dopoguerra.

Perchè gli epigoni di questi partiti non hanno mai smantellato la propria organizzazione. E l’organizzazione è sostanza perché dà sicurezza e attrae gli indecisi: a loro è bastato cambiare simbolo e nome, mantenendo nel profondo intatta la formazione culturale e politica.

(Il giudizio coinvolge solo parzialmente la persona di Giorgio Napolitano, leader dei miglioristi, che arrivò a dimettersi dalla direzione del Pci contro la
politica o meglio l'anti-politica Berlingueriana della "diversità comunista", e che fu, tra i comunisti, l'uomo più vicino a Craxi.)

Questi partiti hanno fatto sempre solo opposizione, e non sanno fare altro che opposizione, anche quando sono in maggioranza, dove, caso più unico che raro, fanno opposizione a sé stessi e fanno cadere i propri governi da soli o tentano di farlo.
Questi partiti non hanno altro merito, dunque, che quello di essere usciti immeritatamente indenni da tangentopoli.
Quindi, non servono il Paese, ma pensano solo a far sopravvivere le proprie burocrazie.



Il federalismo
Una nuova realtà si sta formando con il federalismo alle porte. Il federalismo produrrà degli effetti sulla organizzazione politica dell’immediato futuro.
Si aprono nuovi scenari.
Perché mai i candidati ad incarichi locali dovrebbero avere un imprimatur di qualche dirigente nazionale, a scapito spesso della qualità e della pertinenza territoriale, come avviene ora?

Noi vogliamo anticipare i tempi
e preparare un possibile percorso. Sul piano organizzativo la costituzione di un Partito su base nazionale richiede tempi lunghi, ma ciò non toglie validità alla divulgazione dei principi che sono alla base del nostro sentire politico, che consideriamo innovativo e coerente con i tempi in cui viviamo, come abbiamo chiarito nello Statuto.
Nel frattempo la nostra azione si indirizzerà a contesti più ristretti dal punto di vista organizzativo. Pensiamo, come azione nell'immediato, alle Città e alle elezioni comunali. Perciò la nostra proposta su base regionale sembra una buona soluzione, se supportata da persone con esperienze consolidate, che abbiano la chiara volontà di promuovere un partito di forze nuove. Una forma organizzativa autorevole e impegnativa, che non sarà minata da nostalgie e risentimenti, ma da volontà costruttiva.